Approfondimenti...-Fermentazioni spontanee con la Dott.ssa Carmen Ruello

 
 
 
 
 
 
 
 

Approfondimenti…

In questa pagina troverete la versione completa degli articoli di Carmen Ruello, man mano che verranno pubblicati...
Indice

Engi

Cosa sono i paraprobiotici?

I nostri Veri Amici
Il Paradigma Capovolto: Helicobacter pylori e il Microbiota Gastrico

 

Engi

Di Carmen Ruello

In principio non vi era ossigeno molecolare nell’atmosfera terrestre.

L’ossigeno era presente in forma “legata” nella molecola d’acqua e nell’anidride carbonica, ma non ve ne era allo stato gassoso e “libero”..

L’ossigeno gassoso, quello che noi respiriamo, si è andato formando lentamente grazie all’attività metabolica dei primi cianobatteri, Microrganismi autotrofi che operano la fotosintesi trasformando l’acqua e l’anidride carbonica in glucosio sfruttando l’energia della radiazione luminosa, cioè la luce della nostra stella, il Sole.

In seguito all’evoluzione della vita sulla Terra altri organismi autotrofi hanno contribuito all’aumento della quantità di ossigeno sul nostro pianeta: protozoi, archeozoi (che insieme ai cianobatteri sono costituenti del phytoplancton, organismi fotosintetici erranti, trasportati dalle correnti) e in seguito anche organismi eucariotici come le alghe marine e poi anche le piante terrestri.

La presenza dell’ossigeno è dunque dipendente dalla presenza e dall’attività metabolica degli organismi autotrofi in grado di effettuare la fotosintesi e l’organicazione del carbonio, il cui “scarto” è proprio l’ossigeno che noi respiriamo.

Basterebbe solo questo dato ad allarmarci.

Eppure c’è chi ancora pensa che l’uomo non abbia alcuna influenza sui cambiamenti climatici. Credo che la critica al sistema tecnoindustriale abbia bisogno di passione e coraggio ma anche di ragione. I combustibili fossili aumentano la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera. Questo aumento è certamente corresponsabile dell’innalzamento delle temperature terrestri, ma provoca anche un abbassamento del pH degli oceani. Il phytoplancton è sensibile anche a piccolissime fluttuazioni del pH ed è a rischio di estinzione a causa della progressiva acidificazione degli oceani e al costante riversamento di sostanze tossiche ed inquinanti.

Le cose non vanno meglio sulla terraferma: le foreste vengono abbattute ad un ritmo inaudito.

Nelle nostre città un tragico piano (o una ignoranza abissale, poco importa) sta decimando gli alberi con la violenza delle motoseghe.

Altri sono minacciati dalle piogge acide, da malattie fungine, da insetti parassiti: tutti segnali di profonda alterazione degli ecosistemi, di una crisi che, se non affrontata con passione, coraggio e ragione, ci porterà tutti verso il baratro.

L’ossigeno è Vita. Senza ossigeno non abbiamo speranza di poter continuare a respirare, gioire, amare, ridere, piangere, godere, soffrire, crescere, evolvere.

Il Buddismo insegna che tutta la vita è in costante relazione reciproca: niente esiste isolato e indipendente dalle altre forme di vita.

Engi è il termine giapponese che indica questa condizione: letteralmente significa “apparire in relazione”.

Oggi anche l’approccio sistemico alle scienze ha fatto proprio il concetto che nessun essere (o fenomeno naturale o sociale) esiste di per sé, ma solo in relazione ad altri esseri o fenomeni: ogni cosa nel mondo viene alla luce in risposta a determinate cause e condizioni.

È impossibile immaginarci vivi senza gli alberi, i fiori, le alghe, i protozoi, i batteri.

È impossibile per gli umani sopravvivere alla loro morte.

La morte per asfissia da carenza di ossigeno non è contagiosa, sento dire da esperti o presunti tali, dunque non c’è nulla che si possa fare per prevenirla.

Un virus invece si può arginare...

È falsa la prima proposizione ed è falsa anche la seconda.

Ci fa piacere illuderci, così come ci faceva piacere credere a babbo natale quando eravamo piccoli.

Possiamo smettere di inquinare, di abbattere gli alberi, di mangiare carne.

E possiamo anche iniziare a prenderci cura del nostro terreno interno, per “sconfiggere” i virus senza dover combattere e senza contribuire ad ulteriore immondizia su un pianeta già al collasso.

Ci sono ancora tante cose che possiamo fare.

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Cosa sono i paraprobiotici?
Di Carmen Ruello

Salve amici, oggi desidero parlarvi dell'ultimo ritrovato dell'industria farmaceutica nel campo della commercializzazione dei fermenti lattici, i cosiddetti “Paraprobiotici”.
Non sono impazzita, credo solo che sia importante conoscere cosa offre il mercato per meglio apprezzare i nostri fermenti di vita. Negli ultimi tempi il mercato ci propone i fermenti lattici tindalizzati: una breve ricerca su google vi farà scoprire un mare di aziende che offrono i loro prodotti a prezzi più o meno accessibili.
Si tratta di fermenti lattici inattivati, non vitali, cioè morti, ottenuti attraverso processo di tindalizzazione, vale a dire una tecnica di sterilizzazione che mantiene quasi inalterate le macromolecole presenti nei batteri (proteine, DNA, enzimi), macromolecole dotate di notevole importanza terapeutica negli integratori alimentari a base di fermenti lattici.
Non è mia intenzione confutare le ragioni scientifiche di questa scelta, dal momento che sono assolutamente convinta che, finanche morti, i nostri amici batteri svolgano un ruolo fondamentale nel ripristino di alcune importantissime funzioni fisiologiche, specie in soggetti fortemente compromessi da gravi patologie supportate da disbiosi intestinali di elevato grado. Sono certamente convinta che pur morti essi continuino ad indurre: -a inibizione della crescita di patogeni, -b rapida produzione di immunoglobuline, -c diminuzione dei processi infiammatori -d riduzione dei fenomeni di natura allergica -e creazione di un substrato idoneo all'attecchimento della flora microbica viva... e tanto altro... Eppure... Continuo a storcere il nasino... E sapete perché?
Perché la Scienza Ufficiale continua a considerare il corpo umano in modo meccanicistico, come si trattasse di un insieme di organi in grado di svolgere delle funzioni fisiologiche, alla stregua di un'automobile, trascurando il dato fondamentale e cioè che la vita secondo la Biologia Sistemica è molto più della somma delle singole parti ed è caratterizzata da quella che a prima vista potrebbe sembrare una magia, ma che l'approccio sistemico definisce “proprietà emergente”.
So già che molti tra voi intuitivamente già comprenderanno il significato di un approccio terapeutico basato sull'introduzione di organismi morti, per via del proprio percorso esistenziale che abbraccia le scienze olistiche e le medicine non convenzionali. Ma io oggi non desidero comunicare solo a coloro che hanno dimestichezza con i concetti di energia, vibrazione, frequenze. E non perché io sottovaluti l'importanza di questi concetti.
Oggi desidero rivolgermi anche a quei puristi della scienza che si affidano preferenzialmente a rimedi terapeutici di provata sicurezza, passati al vaglio della comunità scientifica e rigorosamente corredati da schede tecniche di grande impatto mediatico. Desidero rivolgermi agli accademici della crusca farmaceutica per affermare ancora una volta il ruolo cruciale dei fermenti vivi nel mantenimento della salute ottimale dell'intestino, specie quelli ottenuti da fermentazioni spontanee di alimenti e bevande. A voi amici sempre un po' scettici sul mondo dei fervìda e, in generale, delle fermentazioni spontanee, a voi amici un po' dubbiosi e timorosi di approcciarsi al mondo delle fermentazioni domestiche, proprio a voi vorrei chiedere: A chi giova produrre e commercializzare batteri morti? Io non risponderò subito a questa domanda.
Dirò invece quali sono i vantaggi che la tindalizzazione (uccisione) dei fermenti mette in luce:

1 Non c’è più decadimento nel tempo della “carica” batterica del prodotto, in quanto le cellule non sono vitali; insensibilità alla temperatura e all’umidità

2 Assenza di costi per lo svolgimento degli studi di stabilità, nessun problema di conformità anche alla scadenza per il mantenimento delle quantità dichiarate in etichetta

3 Scadenza del prodotto più lunga, nessun costo aggiuntivo per il sovradosaggio della carica

4 Nessun problema di decadimento della carica dovuto al mancato superamento della barriera gastrica

5 Non c’è necessità di usare elementi “prebiotici” per supportare il loro attecchimento o di costosi processi tecnologici di “gastroresistenza”

6 Non è necessario il mantenimento di una “catena del freddo” durante tutte le fasi di produzione, stoccaggio, vendita e consumo (confezioni pocket)

7 Possibilità di miscelarli con tutte le sostanze normalmente utilizzate negli integratori senza rischio di interazioni o abbattimento della carica

8 Possibilità di utilizzarli in forma di compresse, masticabili, effervescenti o in soluzione senza perdita di efficacia o di innesto di fermentazioni. (questi 8 punti sono frutto di un copia incolla dalla scheda tecnica relativa a prodotti commercializzati da un'azienda di cui non faccio il nome).

Mi sa che indirettamente ho comunque dato una risposta alla mia domanda: infatti tra i vantaggi elencati non è presente alcuna dicitura del tipo “maggiore efficacia dei tindalizzati rispetto ai fermenti vivi” ma solo fattori di natura economica.

I batteri non sono importanti per noi e per l'ambiente solo per l'azione modulante del sistema immunitario, per l'inibizione della crescita dei patogeni in funzione delle batteriocine espresse sulle pareti dei simbionti, né per la riduzione delle reazioni allergiche. Funzioni certamente importantissime, preziose e insostituibili. Eppure...
L'elenco di vantaggi scoperti dagli studiosi del microbioma è sempre in costante crescita, eppure nessuno di questi vantaggi è sufficiente da solo a chiarire olisticamente la natura di una delle più affascinanti simbiosi instauratasi sul pianeta Terra, quella tra gli esseri umani ed il Regno delle Monere. La simbiosi è parte integrante della storia biologica della Terra, dalle origini sino ad oggi e, cronologicamente e filogeneticamente parlando, noi umani in quanto specie apparsa più recentemente sul pianeta siamo solo l'ultimo internodo della rete della vita. Ma nel bene e nel male siamo anche coloro che più di ogni altra specie possono trasformare il pianeta stesso, oggi più che mai bisognoso di un cambiamento di rotta.
La relazione biologica che si instaura tra l'organismo umano ed i batteri ospiti rende possibile la manifestazione di nuove proprietà emergenti in funzione della tipologia dei ceppi colonizzatori. Solo negli ultimi tempi la scienza sta occupandosi delle relazioni tra microbiota intestinale e sistema nervoso centrale, mettendo in luce correlazioni tra popolazioni batteriche e universo psichico. Quel che è certo è che solo una flora microbica viva è in grado di interagire biochimicamente e neurologicamente con il sistema nervoso centrale, rendendo di fatto l'intestino assimilabile ad un secondo cervello.
La simbiosi è una relazione interspecifica che coinvolge organismi vivi. Non c'è simbiosi se gli organismi sono morti. Sta passando invece un concetto che mette confusione tra i profani e cioè che questi fermenti tindalizzati, cioè morti, siano dei Probiotici. Per definizione i probiotici devono essere vivi, che si sappia. Studi clinici e di sicurezza fanno riferimento alle linee guida sui probiotici di diverse organizzazioni internazionali e non parlano di microrganismi morti: FAO/Organizzazione Mondiale della Sanità, Autorità Europea di Sicurezza Alimentare (EFSA), Ministero della Salute italiano. Per maggiori approfondimenti potete fare riferimento a questa bibliografia minima, oppure consultare PubMed dove troverete migliaia di articoli sui probiotici: 1) EFSA BIOHAZ Panel (EFSA Panel on Biological Hazards): Scientific opinion on the maintenance of the list of QPS biological agents intentionally added to food and feed (2013 update). EFSA J 2013, 11:3449

2) FAO/WHO Expert Consultation. Health and nutritional properties of probiotics in food including powder milk with live lactic acid bacteria (2001). 3) FAO/WHO Working Group Report on Drafting Guidelines for the Evaluation of Probiotics in Food, London, Ontario, Canada, April 30 and May 1, 2002.

4) Hill C, Guarner F, Reid G, Gibson GR, Merenstein DJ, Pot B, Morelli L, Canani RB, Flint HJ, Salminen S, Calder PC, Sanders ME. (2014). The International Scientific Association for Probiotics and Prebiotics consensus statement on the scope and appropriate use of the term probiotic. Nature Rev Gastroenterol Hepatol 11, 506-514.

5) Ministero della Salute, Dipartimento Sanità Pubblica veterinaria, Sicurezza Alimentare, LINEE Guida su probiotici e prebiotici Revisione maggio 2013.

In conclusione: nessun prodotto del mercato può competere in efficacia con i nostri fermenti autoprodotti. Dunque vi esorto a liberarvi delle vostre paure e a concedere una chance di guarigione ai microrganismi che si sviluppano nelle fermentazioni spontanee. L'industria farmaceutica vi porta nella direzione del maggior profitto, non in quella della miglior salute.
Buona vita e buone fermentazioni.

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I nostri Veri Amici
Di Carmen Ruello

Quella in cui viviamo è una società malata. Le persone a guardar bene soffrono di patologie più o meno gravi in maniera sempre più diffusa.

I livelli di inquinamento ambientale sono in crescita vertiginosa da molti decenni; i cibi che la grande distribuzione mette a nostra disposizione sono veleni veri e propri, junk food, cibo spazzatura; i farmaci che assumiamo sono portatori di effetti collaterali incalcolabili; i pesticidi non ci liberano solo dai parassiti delle piante ma uccidono lentamente anche le nostre cellule. I vaccini non allontanano semplicemente le malattie infettive ma ci indeboliscono di generazione in generazione rendendoci più fragili di fronte all’avanzata del cancro. In effetti molti disturbi dell’era moderna sono connessi direttamente al modello organizzativo su cui si basa la società umana, modello in cui ci siamo ritrovati senza in definitiva averlo mai scelto. Eppure cambiare rotta e riorganizzare totalmente la nostra vita sul pianeta appare ai più cosa assai difficile e complessa.

Un vero processo di guarigione planetaria presuppone scelte radicali e immediati cambiamenti di rotta.

Sicché per gli esperti è più facile proporci dei capri espiatori che possano accollarsi le colpe dei nostri malesseri: l’ideale sarebbe proprio trovare dei nemici esterni che minacciano continuamente la nostra integrità fisica interna. Riversando su di essi tutto il nostro odio è possibile distogliere la nostra attenzione dalla errata condotta personale e sociale. Ecco allora schiere di virus che vogliono infettarci, eserciti di batteri cattivi pronti a sopraffarci, vermi di ogni tipo che colonizzano i nostri organi, insetti vettori assetati del nostro sangue che trasferiscono agenti patogeni di ogni sorta.

Non voglio certo negare il ruolo delle zanzare nella trasmissione della malaria o quello dei topi nella propagazione della peste.

Ma l’ideologia dominante del “rischio biologico perenne” ci rende sudditi più controllabili e docili e soprattutto perennemente dipendenti dalle medicine prodotte dagli stessi responsabili di questo disastro.

Mentre tremiamo di paura immaginando il nostro corpo invaso dai vermi non riusciamo di certo a pensare ai veri nemici da combattere. Così continuiamo a lavare i nostri vestiti con i detersivi chimici, a guidare le nostre automobili, ad acquistare cibo presso la grande distribuzione, ad accendere l’aria condizionata, ad assumere farmaci, a bere acqua contenuta in bottiglie di plastica, a mangiare carne, senza pensare che il cancro, le patologie autoimmuni, finanche le malattie genetiche trovano le porte aperte perché sono già state sfondate dall’ariete della Chimica di sintesi. È proprio vero che la paura fa vendere, che è economicamente vantaggiosa, che ci tiene in scacco facendoci comprare disinfettanti, antibiotici, antivirali, nematocidi, chemioterapici...

Eppure il portale medico più famoso al mondo (PubMed) è ricco di pubblicazioni in cui gli scienziati mettono in luce il ruolo protettivo dei virus, dei batteri, dei protozoi, dei vermi e delle zanzare!

Leggendo e studiando possiamo scoprire che il virus Zika non è la vera causa dell’epidemia di microcefalia che ha colpito i bambini del Pernambuco ma l’industria che ha devastato gli ecosistemi fluviali inquinando massicciamente le acque.
Leggendo e studiando possiamo scoprire che il famigerato Helicobacter pylori non è il vero responsabile dell’ulcera ma che anzi ci protegge dal diabete, dall’asma e dal tumore dell’esofago.

Leggendo e studiando possiamo scoprire che certe infezioni batteriche moderne (sostenute dai cosiddetti batteri resistenti, vedi Clostridium difficile) prendono il sopravvento in organismi già privati delle loro difese da cure antibiotiche o chemioterapiche che hanno sterminato i Microrganismi del loro complesso microbiota intestinale.

Leggendo e studiando possiamo scoprire che la presenza di alcuni vermi intestinali elimina la sintomatologia della celiachia.

Leggendo e studiando possiamo scoprire che il nostro sistema immunitario ha bisogno di essere allenato per poter funzionare bene e che come i muscoli si allenano con i pesi, il sistema immunitario si allena favorendo gli incontri del quarto tipo, vale a dire le possibilità di incontro tra il nostro organismo e i virus, batteri, protozoi, vermi.

L’aumento delle patologie allergiche, autoimmuni, neurologiche, endocrine, tumorali che sempre più spesso e precocemente si riscontrano nella nostra società è dovuto all'eccesso di igiene, al divieto di far giocare i bambini con il fango, con gli animali, con gli altri bambini affetti da esantematiche, al cibo spazzatura, alle polveri sottili, agli ftalati, ai metalli pesanti, ai pfas, alla plastica in genere, alla radioattività ecc.

È necessario riabituare il nostro organismo alla relazione con l’altro da sé, il non-self che garantisce l’evoluzione e il rafforzamento di tutte le specie. E al contempo è necessario disabituarlo gradualmente alla Chimica di sintesi, chelando, disintossicando, somministrando quotidianamente probiotici da fermentazione Spontanea, mangiando e bevendo in modo sano, naturale e organico. Solo così riusciremo a sconfiggere le malattie!

L'uomo è arrivato nell’era industriale superando catastrofi naturali, epidemie di peste, invasioni di pidocchi, convivenza stretta con gli animali.

Nel bene e nel male siamo sopravvissuti alle ere considerate primitive, selvagge, promiscue. Anziché preoccuparci di possibili attacchi esterni, dei virus, dei batteri, dei protozoi e dei vermi, dovremmo cominciare a rivedere la nostra alimentazione, il nostro stile di vita! Osservare quel che mangiamo, beviamo e respiriamo; quanta chimica usiamo per il bucato, la cosmesi, il giardino, la piscina; quali farmaci assumiamo e come condizionano la nostra vita. E poi dobbiamo finalmente percepire intimamente che malattia e salute non sono indipendenti dal nostro stato emotivo, dalla nostra energia vitale! Dobbiamo avere il coraggio di osservare la nostra vita per quella che è: stiamo veramente facendo di tutto per essere felici? O forse il troppo lavoro, lo stress, l’insoddisfazione per la nostra relazione di coppia, il modo in cui affrontiamo le sfide quotidiane generano frustrazione, angoscia, depressione ecc?

Quali sono i nostri veri desideri?

Stiamo investendo le nostre energie in progetti utili al nostro equilibrio interiore in armonia con il pianeta che ci ospita? Stiamo coltivando abbastanza la gratitudine, l’amore, la speranza? I Microrganismi ci aiutano sul piano materiale-organico e anche sui piani spirituale e mentale.

Apriamo le nostre porte interiori al mondo delle fermentazioni selvagge: attraverso i Microrganismi scopriremo che i Midichlorian esistono veramente e saremo davvero in grado di percepire la Forza, il Qi, il Ki, il Tao e riappropriarci di quell’infinito potenziale che le Civiltà del passato avevano conosciuto e accarezzato!

NMHRK.
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Il Paradigma Capovolto: Helicobacter pylori e il Microbiota Gastrico
Di Carmen Ruello

«Il continuo abuso di antibiotici nei bambini e negli adulti, il cambiamento delle pratiche del parto e le montagne di farmaci somministrati agli animali d’allevamento inevitabilmente hanno un effetto sui nostri batteri, sia su quelli benefici che su quelli nemici ».

Martin J. Blaser, direttore dello Human Microbiome Project.

Ben quattro capitoli del libro di Blaser “Che fine hanno fatto i nostri microbi?”, edito da Aboca, sono dedicati agli studi su Helicobacter pylori, un antico batterio dello stomaco che ancora oggi viene, e posso ben affermare a torto, considerato da molti medici come un “nemico” da eradicare.

Con questo articolo è mia intenzione chiarire lo stato attuale delle più recenti ricerche su Helicobacter pylori, così come vengono riportate nel libro di Blaser, ma soprattutto è mio desiderio ampliare la prospettiva ivi descritta per estendere ulteriormente la riflessione ed approfondire il significato meno immediato di queste ricerche al fine di svelare un grande equivoco medico e biologico, messo in luce proprio da questo bistrattato batterio e tale equivoco ruota attorno all’idea che esistano buoni e cattivi batteri, non già buoni o cattivi terreni.

Questo caso rappresenta a buon diritto l’emblema per eccellenza delle distorsioni alle quali si perviene quando ricerche ancora parziali vengono innalzate al rango di conclusioni, generando di conseguenza terapie tanto aggressive quanto non necessarie; ma allo stesso tempo può servire come occasione, guida e riferimento all’uomo di oggi per scardinare le sue credenze consolidate e incamminarsi sulla via per la comprensione di tutti i rapporti interspecifici, vale a dire quei rapporti esistenti tra specie diverse che vivono in stretta vicinanza e/o intimità e, più in generale, dell’interdipendenza di tutti i fenomeni biotici ed abiotici che si manifestano sul nostro pianeta e finanche nel resto dell’universo.

Detti rapporti si dicono simbiotici e, indipendentemente dalla definizione che è stata attribuita loro fino a questo momento dagli esperti ecologi e microbiologi quali: patogeno, parassita, saprofita, benefico, neutrale, opportunista, nocivo e via discorrendo, essi sono in realtà sempre rapporti di Interdipendenza. Non si può distruggere nemmeno un ceppo virale o batterico senza che ciò produca effetti a breve e lungo termine su tutte le altre specie, microscopiche e macroscopiche.

Quegli attributi arbitrari, così tanto abusati, sono condizionati fortemente da una visione antropocentrica e a cortissimo raggio di una parte cospicua del mondo accademico ma non rispecchiano affatto l’equilibrio dinamico e la coevoluzione cui sono sottoposti tutti gli organismi viventi della Biosfera. Inoltre non tengono conto né della variabile tempo né del movimento generale dei processi biochimici, biologici ed ecologici analizzati nella loro complessità.

Il concetto di Coevoluzione è in verità il più importante di tutta la Biologia Sistemica.

Nel suo libro Blaser riporta un concetto estremamente importante dell’ecologia microbica, quello dell’Anfibiosi, termine coniato nel 1962 dal microbiologo Theodor Rosebury per descrivere <<la condizione secondo cui due forme di vita creano relazioni che sono o simbiotiche o parassitarie, a seconda del contesto>>. Questa condizione è nota anche come Patobiosi.

Stabilire che è il contesto a rendere un microrganismo patogeno o simbionte è come affermare che non possono sussistere discriminazioni tra patogeni e simbionti ma che sono le condizioni dell’ambiente a produrre, per adattamento al terreno, differenze di “processi”.

Questo concetto era peraltro già noto e fu espresso in altri termini anche da Claude Bernard e poi sostenuto anche da Antoine Bechamp.

Nel 1982 i dottori Marshall e Warren riuscirono per la prima volta ad eseguire la coltura dei batteri gastrici già noti fin dal secolo precedente dall’osservazione microscopica dei primi patologi.

Marshall però era convinto che questi batteri, in seguito chiamati col nome scientifico di Helicobacter pylori, fossero responsabili dell’ulcera e si cimentò in un esperimento per dimostrare questa teoria. Tale esperimento mostra molte lacune ed in seguito infatti lo stesso Blaser mise in luce diverse falle non sufficienti tuttavia a scardinare ancor oggi la convinzione che Helicobacter pylori sia un patogeno responsabile della comparsa della gastrite e dell’ulcera: ormai la macchina si era messa in moto, l’occasione di prevenire ulcera e forse cancro debellando un batterio con terapia antibiotica era troppo ghiotta.

Nel 2005 Marshall e Warren vinsero il premio Nobel per la Medicina per aver isolato Helicobacter pylori, per averlo associato con la gastrite e con l’ulcera peptica e per aver cambiato la cura per l’ulcera. Frattanto lo stesso Blaser aveva contribuito ad estendere il ruolo patogeno di H. pylori anche alla genesi del cancro allo stomaco. Tanto che l’OMS nel 1994 dichiarò questo batterio come cancerogeno di classe 1.

Per fortuna nel corso degli anni e del suo lavoro di ricerca lo stesso Blaser e la sua equipe riuscirono a mettere in luce anche gli aspetti protettivi di questo batterio come la capacità di ridurre le probabilità di contrarre gravi patologie invalidanti o di ritardarne la comparsa.

Essi hanno dimostrato una correlazione tra la scomparsa di H. pylori e la comparsa di patologie quali asma, allergie, colite ulcerosa, diabete, obesità, esofagite da reflusso e cancro all’esofago solo per citarne alcune.

Ma come è possibile stabilire al contempo un ruolo nocivo ed uno protettivo di uno stesso batterio che vive per molti decenni all’interno del suo ospite? Tutto ha inizio con un cambiamento di prospettiva, un capovolgimento paradigmatico: l’avvento della visione ecologica in microbiologia e l’affermazione sempre più ampia dell’approccio sistemico nelle scienze.

Determinante a tale capovolgimento di prospettiva anche la ridefinizione della condizione nota come gastrite: «la mucosa di uno stomaco carica di linfociti e macrofagi» non può essere considerata come condizione infiammatoria e quindi patologica ma piuttosto come «reazione fisiologica ai nostri microrganismi indigeni» esattamente come accade nell’intestino.

Perché intuizioni così ovvie arrivano sempre così tardi nella storia della medicina, solo dopo che si sono prodotti molti danni che si estendono anche alle generazioni successive?

Perché ancora oggi la maggioranza dei medici si concentra sugli aspetti negativi e non prende minimamente in considerazione i benefici apportati da Helicobacter pylori sia nel breve che nel lungo periodo?

Perché il caso esemplare di Helicobacter pylori non viene esteso a tutto il mondo microbico al fine di riabilitare molti virus e batteri contro i quali è stata intrapresa una guerra spietata fondata su un armamentario chimico-biologico senza precedenti nella storia del pianeta, una guerra che ha il sapore della Soluzione Finale, vedi caso virus del vaiolo?

Sono tutte domande importanti sulle quali è bene riflettere poiché è sulla paura che si fondano il ricatto e la sottomissione alle strategie terapeutiche tanto invasive quanto remunerative per l’industria farmaceutica, strategie che rischiano di cambiare per sempre la biologia della specie umana e minarne finanche le capacità di sopravvivenza.

Helicobacter pylori non è un aggressore che ci infetta: è il diretto discendente di una stirpe antica di batteri che ha colonizzato lo stomaco umano presumibilmente fin da quando siamo Homo sapiens e poiché vi sono i suoi parenti stretti negli stomaci di altri mammiferi è ragionevole supporre che sia un coinquilino fisiologicamente appartenente al microbiota gastrico, dove svolge la sua funzione protettiva al pari dei suoi colleghi intestinali.

La perdita di questo ospite prezioso non si ripercuote solo sullo stomaco ma, come dimostrato da Blaser e colleghi, produce nuove gravi malattie: accontentandoci di credere che fosse la causa dell’ulcera e del cancro allo stomaco lo abbiamo accompagnato a grandi passi verso l’estinzione ed ora in occidente è quasi scomparso.

Provo un immenso senso di perdita al pensiero della scomparsa anche di un solo virus.

Uno sguardo sul mondo della convivenza delle specie, la trasformazione di parassiti in simbionti e viceversa, il ruolo dei virus nell’evoluzione ci fa comprendere che la Scienza ha da tempo scoperto che nella danza della vita non si può parlare in modo assoluto di specie patogene e che la soppressione di una specie anche microbica si traduce in una «danza senza partner» dagli esiti imponderabili. L’origine stessa dei mammiferi sarebbe stata impossibile senza un’infezione virale. Persino la placenta, questa anomalia immunologica che ci permette di portare in grembo per nove mesi i nostri cuccioli, è il risultato di una collaborazione tra i virus e i nostri progenitori ancestrali rettili proto mammiferi.

Di seguito alcuni link dove può essere approfondito il concetto di coevoluzione attraverso l’analisi diretta dei dati riportati:
1) NCBI: Microbial Evolution and Co-Adaptation

2) PubMed: ↓ Full text A benign helminth alters the host immune system and the gut microbiota in a rat model system.
3) eLife: Viruses are a dominant driver of protein adaptation in mammals
4) Nature: Endogenous viruses: insights into viral evolution and impact on host biology

La soppressione con antibiotici della nostra flora microbica è alla base dell’impennata di patologie degenerative dell’era moderna ma è anche la causa della maggior sensibilità alle aggressioni di quelli che sono stati designati come batteri patogeni. Durante una epidemia di salmonella negli Stati Uniti, morirono coloro che si erano sottoposti a cure antibiotiche nelle settimane precedenti lo scoppio della stessa. Se i medici avvisassero dei rischi, immediati o meno, dell’uso di questi farmaci forse in pochi sceglierebbero di sottoporvisi con grave impatto sui bilanci di molte aziende.

Forse è per questo motivo che tuttora si preferisce tacere?

E infine arrivo al nocciolo della questione, finora appena abbozzato. Il paradigma capovolto di Helicobacter pylori è l’inizio della riscossa batterica. Coloro che abbiamo sempre percepito come nemici non sono altro che amici incompresi.

I famigerati Clostridyum botulinum e difficile, i vituperati Acinetobacter baumannii, i temutissimi Pseudomonas aeruginosa e Staphylococcus aureus: non potrebbero altresì rappresentare classi di batteri anfibionti, in grado di assicurarci una qualche forma di protezione in numero ridotto e controllato da un sistema immunitario efficiente, mentre ci porterebbero a morte rapida e violenta a seguito di una brusca alterazione degli equilibri ecologici di un ecosistema interno, quindi in contesti diversi da quello fisiologico dove il loro numero è sempre esiguo? Il punto è cruciale perché se si tratta di assicurare la giusta sopravvivenza a soggetti immunodepressi, ospedalizzati ed imbottiti di farmaci o comunque privati dalle cause più disparate della protezione di un sano microbiota, la necessità medica contingente ascrivibile ad un protocollo di emergenza non può automaticamente trasformarsi in una strategia medica generalizzata che equivale ad un atto di guerra totale ad alcuni ceppi batterici.

Il rischio di farci davvero male è troppo grande e già la comunità medica ha lanciato l’allarme sul fenomeno temibile dell’antibioticoresistenza che, ci hanno avvisato, tra venticinque anni potrebbe portare talune infezioni a rappresentare la prima causa di morte degli esseri umani.

La strada per la riabilitazione dei clostridi, di alcuni stafilococchi o di certe enterobacteriacee é ancora lunga ma io resto ottimista.

Frattanto possiamo continuare a prenderci cura del nostro benessere lavorando sul terreno, assumendo probiotici da fermentazione spontanea ed evitando il più possibile l’uso degli antibiotici, tanto da assunzione diretta che indiretta.

Vi lascio con l’ultimo articolo riguardante il ruolo delle tossine prodotte da alcune piante nell’evoluzione dei sistemi detox degli erbivori, poiché le soluzioni biologiche e soprattutto gli equilibri su cui si fondano hanno basi molecolari molto simili tanto nei sistemi piante/erbivori quanto in quelli animali/batteri.

Uno spunto di riflessione…

Ancora una volta le patologie appaiono come un incidente biologico sulla via della perenne ricerca di nuovi equilibri interspecifici, un male necessario all’incessante scalata evolutiva della vita stessa.

HAL: Detoxification in the rumen
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